Análisis de las dinámicas geopolíticas en Asia y el Indo-Pacífico: actores principales y sus relaciones, conflictos y escenarios a futuro
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ALLA SINISTRA PUO' SERVIRE LA GEOPOLITICA? di Amedeo Maddaluno Ha senso scrivere di geopolitica per una rivista di sinistra, tanto più una delle più rigorose sul piano teorico quanto delle più “ribelli” e fuori dagli schemi sul piano della prassi? Diciamolo chiaramente: la geopolitica a sinistra non è mai piaciuta. Geopolitica e sinistra vecchia e nuova. La sinistra classica, storica, si è sempre concentrata - ed avendone ben donde - sulle tematiche della dialettica tra classi laddove la geopolitica si occupa invece di rapporti di potenza tra Stati, rapporti influenzati da dati geografici, antropologico-culturali, economici. La "new left", o "sinistra" liberaldemocratica, contemporanea ed antimarxista (vera sinistra?) semplicemente esclude ogni dialettica tra classi, ogni contrapposizione tra nazioni, ogni rapporto di forza tra stati dal proprio orizzonte analitico: siamo tutti destinati a dissolverci nell'irenica globalizzazione liberaldemocratica, globalizzazione dominata dalle logiche di mercato andanti e ben temperate dalla "società civile" e dai “diritti umani”. E' una "sinistra" che ha preso piede dal '68 e che ha per l'appunto a cuore non i diritti dei lavoratori e le tematiche economiche e sociali ma invece le libertà individuali e le tematiche individualiste. Le battaglie della "new left" (curioso: in inglese "left" vuol dire sia "sinistra" che "ciò che rimane") finiscono per coincidere con le battaglie individualiste e borghesi della destra liberista: si pensi al mito della libertà di impresa e dell'imprenditorialità o al focus unico sui diritti sessuali. La nuova sinistra è anche a favore dell'immigrazione incontrollata ritenendola non già una criticità da gestire ma un fenomeno positivo di per sé, stemperando l’antico internazionalismo proletario in una melassa buonista incapace di leggere i fenomeni capitalistici (il vero internazionalista si batterebbe perché l’imperialismo smettesse di provocare guerre ed affamare il terzo mondo, non certo per far sì che chi è misero in Africa possa semplicemente immigrare in Europa permanendo nella miseria la sua terra d’origine ed egli stesso). L’immigrazione risolve forse il problema dello sfruttamento? Inquietante notare come gli interessi della "new left" finiscano per coincidere con quelli della destra mercatista (chiamiamola ironicamente "old right" o "usual right"): più immigrati e più disperati significa più braccia da sfruttare, l'esercito dei lavoratori di riserva in cui il capitale sguazza. Le contrapposizioni tra questo nuovo proletariato “lumpen” e la vecchia aristocrazia operaia dei nativi possono essere sfruttate dalle destre “patriottiche” (al sapor di truffa) per guadagnare braccia allo sfruttamento e parte della classe operaia alla causa del capitale (esattamente il progetto perverso di Lega Nord, Front National e partiti affini). Se il rapporto della vecchia sinistra con la geopolitica è di sostanziale disinteresse - o di diffidenza e ostilità intellettuale - il rapporto della "new left" con la geopolitica è invece di fiera ignoranza idealistica. Se la guerra bussa alle nostre porte è colpa dei nemici della globalizzazione e non degli squilibri causati da quest'ultima. Se a bussare alle porte è il conflitto tra forti e deboli, tra arricchiti e impoveriti, tra vincitori e vinti del mondo globalizzato - tra classi, insomma! - è solo perché di globalizzazione e di mercato non ce n'è abbastanza. Il male non esiste, esiste al massimo il "meno bene", il bene in quantità non sufficiente, il bene non compreso. La geopolitica viene chiaramente vista di traverso: "scienza fascista", da confinarsi nei circoli nazionalisti o militari(sti). Perché serve la geopolitica. Sgombriamo il campo: chi scrive rifiuta ogni pensiero “eretico”. Gli occhiali giusti per leggere il mondo siano quelli della dialettica tra classi e dei rapporti economici, insomma quelli del marxismo classico. La geopolitica è però uno strumento per capire i conflitti e le complessità del mondo, i conflitti tra stati imperialisti - dominati dalle borghesie neomercantiliste - e stati deboli vittime della globalizzazione. Preferisco parlare di “neomercantilismo capitalista” (espressione di mio conio) piuttosto che di un "neoliberismo" che potrebbe addirittura non esistere nella prassi. Intendiamoci: i liberisti (togliamo il "neo" giacché essi sono sempre uguali a quelli vecchi), coloro che predicano il verbo del dio-mercato come panacea per tutti i mali dell'uomo esistono eccome, ma il fatto è che nemmeno loro credono alle panzane che raccontano. Il liberismo delle multinazionali (americane ed europee) altro non è che un neomercantilismo concepito per assoggettare l'umanità. Un "Imperialismo, fase suprema del capitalismo" perfettamente previsto da Lenin nell'omonimo studio. Lenin consegna alla letteratura marxista quello che per me è un classico di geopolitica e che viene completato dai teorici della geoeconomia come Braudel o Wallerstein (grande mente della sinistra contemporanea!) nella teorizzazione dell'"economia mondo", con i suoi centri sfruttatori, periferie sfruttate e semiperiferie nel mezzo. La geopolitica ci permette di cogliere le dinamiche dell'imperialismo, le dinamiche dei poteri capitalisti, le dinamiche dei conflitti tra classi traslati ed estesi a quelli tra le nazioni, attori insieme alle classi medesime del mondo contemporaneo. Nel testo di Lenin le nazioni vengono divise tra esportatrici di merci e quindi di capitali, due fasi dell’espansione del capitalismo imperialista desideroso di assicurarsi prima nuovi mercati di sbocco e quindi nuove aree in cui investire capitale per metterlo a maggior frutto grazie alla vasta disponibilità di materie prime e manodopera a basso costo. Si tratta di una preveggenza che ancora oggi ci stupisce perché anticipa perfettamente quando accade nel mondo odierno - lo stesso schema di lettura proposto da Wallerstein decenni dopo. Tutti questi schemi rendono imprescindibile un’analisi della geografia e del ruolo degli attori statuali, nonché dei loro rapporti di potenza. Mi rivolgo a te, dunque, compagno: credi che rinunciare alla geopolitica sia saggio? Credi che lasciarla - come in effetti spessissimo è accaduto nella storia - ai nazionalisti e ai militari(sti) sia utile?
Prostul sunt eu! Așadar, prin 1990 SUA erau în extaz! Se vedeau stăpânele lumii! Nimeni și nimic nu le mai puteau opri din marșul lor triumfal către statutul de hiper-putere. Mai ales că URSS se destrămase. Iar ceea ce se întâmplă acum confirmă ceea ce spunea Putin: că dispariția URSS a fost o catastrofă geo-politică, din punctul de vedere al naturii relațiilor dintre state. Actuala ordine internațională este tiranică. Nimeni nu i s-a opus serios Americii, iar aceasta a abuzat de puterea ei(care, după cum arată războaiele din Irak, din Afganistan, și nebunia din Orient și din nordul Africii, nu este tocmai ce credem noi că e), provocând mult rău. Lucrurile sunt pe cale să se schimbe. Apar competitorii strategici. Și asta mult mai devreme decât se aștepta Washingtonul, iar problemele pe care le pun SUA sunt mult mai dure decât și-a imaginat. Competitorii sunt Uniunea Europeană și China. Dar, ironic, prin intermediul lor, tot URSS e adevăratul competitor. Ca să le pună cu adevărat probleme americanilor, să-i provoace la modul radical, și decisiv, și UE, și China, au nevoie de Rusia. Rusia este un ansamblu geopolitic determinant. În ecuația asta nu contează nici mărimea populației, nici tăria armatei, nici bogăția resurselor, ci ceea ce înseamnă ele în relație cu unul dintre cei doi actori pomeniți: China și UE. Rusia poate face inutile eforturile SUA de a domina mările și oceanele lumii, de a controla rutele de comerț și aprovizionarea cu materii prime a posibililor competitori strategici. UE-de fapt, Germania și Franța, ambele nu doar după 1989, ci cu ani buni înainte-a înțeles prima acest fapt, și a încercat prima să facă din URSS/Rusia un partener al Uniunii. SUA au contracarat această apropiere prin promovarea integrării țărilor din Estul Europei, foștii sateliți ai Moscovei, acum vasalii Washingtonului, pentru a torpila această apropiere între Bruxelles și Moscova. Când țările din Est, la presiunea Parisului și mai ales a Berlinului, au trecut peste rusofobia lor, și au acceptat o normalizare a relațiilor cu fostul hegemon al zonei, a intervenit-o, cât de oportun!-conflictul din Ucraina. Alipirea Crimeei la Rusia era singurul răspuns posibil la asaltul american împotriva intereselor Rusiei. Doar că Washingtonul a făcut o socoteală greșită. A mizat pe conflictul sino-sovietic din anii 60, crezând că el este suficient pentru a nu permite apropierea dintre Beijing și Moscova. N-a fost suficient. Acela a fost un conflict ideologic, pentru dominație în lumea comunistă. Nici ideologia, nici lumea comunistă nu mai există. Singura competiție în care sunt angajate cele două state este una economică. Și, deocamdată, le e mai bine împreună, decât împotrivă. Indiferent ce ar face Washingtonul, trebuie să înțeleagă că trebuie să împartă puterea, atât cu UE, cât și cu China. Dar și cu alte puteri, mai mari sau mai mici. Nu mai are nici puterea economică, nici puterea militară, pentru a domina la modul absolut lumea. Jocurile pe care le face în Europa și în Orient sunt semnul dezorientării sale totale: incoerente, lipsite de viziune strategică, de obiective clare și precise. Sunt făcute mai mult pentru a arăta că există și contează. Acest mod de a acționa produce mai multe probleme decât rezolvă. Banana anti-rusă din Estul Europei nu funcționează. Încet, încet, statele din Occidentul Europei caută-și găsesc-metode de a ocoli, fără să pară că o fac, așa-zisele ”sancțiuni” împotriva Rusiei. De ce? Pentru că-i iubesc pe ruși? Nici vorbă! Motivul este mult mai pământean! Așa cum UE și China sunt competitori strategici pentru SUA, și China și SUA sunt competitori strategici pentru UE! Și UE face jocurile sale. Deocamdată nu ca un ansamblu coerent, tocmai din cauza statelor din Est și a Marii Britanii, care joacă la două capete, visând la gloria apusă a Imperiului. UE are o problemă: Germania. Care, la rândul ei, se vede hegemon în UE, în loc să se vadă lider. Când se va întâmpla asta-care are niște costuri-UE va deveni cu adevărat o forță. Cu cât mai repede, cu atât mai bine. În acest fel se vor limpezi lucrurile și în relația Rusiei cu Europa. Din punctul de vedere al Europei, este bine ca Rusia să fie parte a proiectului european. Inclusiv pentru închiderea conflictelor înghețate, dar și a normalizării situației din Ucraina. Asta ar fi un avantaj și pentru România, inclusiv pentru proiectul ei unionist. Cam așa vede un prost geopolitica. Asta e: au și proștii dreptatea lor.
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I libri di mappe e guide illustrate sono sempre di più, e riguardano fra le altre cose isole remote, paesi fantastici, strade d'Islanda ed emozioni umane
La carta mostra le rotte europee del traffico di schiavi neri nell'età delle espansioni coloniali in America. Carta tratta dal Quaderno Speciale di Limes 1/2007 "Brasile stella del sud".